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Non possediamo notizie sul dipinto prima del suo misterioso arrivo nelle mani di Domenico Inzaghi che lo donerà alla municipalità di Budrio nel 1821. Né, a quel tempo, si aveva consapevolezza del suo autore. Il dipinto appare ridotto sui lati, ove le figure degli angeli risultano tagliate. Il nome di Vitale venne avanzato da Longhi e presentato nel corso che tenne all'ateneo di Bologna nell'anno accademico 1933 -
Sarà Gnudi nella sua monografia dedicata a Vitale da Bologna ad anticipare la datazione dell'opera al periodo "gotico", vicino agli affreschi di Mezzaratta e alle storie di Sant'Antonio Abate, mettendo in relazione il dipinto con gli affreschi eseguiti da Vitale in Santa Maria dei Servi che lui data negli anni 1348 -
Più recentemente, in un volume curato assieme a Rosalba D'Amico e dedicato al Vitale presente nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, Massimo Medica, sviluppa le tesi di Arcangeli e il collegamento con l'opera di quello che oggi chiamiamo Pseudo Iacopino. Collega l'opera alle "storie" di Sant'Antonio Abate in Pinacoteca, poste tra la fine degli anni 30 e l'inizio del '40 e le pone negli stessi anni.
Proprio nel saggio nel catalogo della mostra sulle Madonne di Vitale, ancora in corso presso il Museo civico medievale di Bologna, Daniele Benati torna su quest'opera e pur senza proporre una data precisa, la collega all'attività per san Francesco e alla Madonna del Cucito che è poi -
Ho voluto riportare le principali ipotesi fatte sulla datazione dell'opera che hanno oscillato dalla tarda maturità agli anni giovanili del maestro bolognese. Tutte sono state motivate con le ragioni dello stile che, evidentemente, non sono valutazioni oggettive, ma ipotesi destinate a frequenti oscillazioni in relazione all'affinarsi della sensibilità e del gusto di chi osserva l'opera.
Da tempo mi chiedo se non sia opportuno cercare altre piste di indagine, magari legate alla cultura materiale, al modo di preparare il dipinto, all'uso dei punzoni sui fondi d'oro, al ripetersi di motivi decorativi che magari tendono ad evolversi nello spazio della vita artistica di un pittore. Sono così emerse alcune peculiarità che possono aiutare a inquadrare l'opera in un processo esecutivo che -
Ho voluto riprendere il rapporto evidenziato da Arcangeli con la pittura dello Pseudo Jacopino provando a individuare degli elementi di tecnica pittorica, e non solo di stile, che avvicinano la nostra opera a quelle dell'anonimo maestro e -
Attorno al nome dello Pseudo Jacopino sono state raccolte un gruppo di opere che, nell'ultimo decennio, sempre affinando le analisi formali, si è voluto scindere in diversi gruppi parcellizzando sempre di più -
Osserviamo ancora la corona sul capo di Cristo, in entrambi i dipinti realizzata con una tinta bianca che non sarà più ripetuta dallo pseudo Jacopino che nel Polittico con l'Incoronazione della Vergine adornerà il capo del Cristo con una corona scura come farà più tardi lo stesso Vitale nel Polittico del 1353 in San Salvatore.
Il punzone che Vitale imprime sulle aureole dell'Incoronazione di Budrio è analogo, ma non uguale, a quello ritrovato nello Pseudo Jacopino. Come quello delimita la cornice esterna dell'aureola costituita da una fascia inscritta entro linee tracciate con il compasso. La "stellina" di Jacopino è diventata una piccola ruota con mozzo centrale e cinque raggi. Raggi più larghi di quelli della stellina, ma che appaiono come varianti su uno stesso tema, testimoni di una analoga storia del gusto che in questo momento punta su un unico motivo decorativo inscritto entro le curve tracciate dal compasso che hanno inciso la foglia d'oro del fondo.
Esternamente l'aureola è delimitata da un altro piccolo punzone ovale impresso sulla lamina. osserviamo le "sbavature" nell'imprimere il punzone sia quello esterno che l'altro inscritto entro le linee tracciate con il compasso. Se con un ideale compasso tracciamo una linea al centro del primo "mozzo" osserveremo che il punzone oscilla casualmente a destra e a sinistra della linea immaginata. Analoga sbavatura è presente nello Pseudo Jacopino.
La stessa inesattezza è verificabile con il piccolo punzone esterno. Questa tipologia di punzone, unico e ripetuto tante volte, di piccole dimensioni e semplice nei motivi decorativi, contraddistingue altre opere bolognesi. Lo Pseudo Jacopino lo ripete almeno fino ai polittici della Pinacoteca ed è identico nella Dormitio Virginis sempre in Pinacoteca.
Con quest'opera sono riscontrabili altre analogie e somiglianze formali che inducono a collocare le due opere nello stesso momento e documentano una vicinanza tra i due maestri. Se Vitale ricerca una dolcezza quasi romantica, nelle sue figure e lo Pseudo Iacopino sembra interprete di immagini aristocratiche, solenni e in certo qual mondo distanti, è poi vero che, scendendo nei particolari sono -
Allo Pseudo Jacopino rimanda infine il caratteristico rosa della tunica del Cristo che incorona la Vergine, della stessa fattura di quello indossato dall'angelo che regge il libro nella Dormitio della Pinacoteca.