un confronto con la Dormitio Virginis dello Pseudo Jacopino - vitale

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un confronto con la Dormitio Virginis dello Pseudo Jacopino

Le Madonne > Madonna regale
Storia critica dell'incoronazione di Budrio

Non possediamo notizie sul dipinto prima del suo misterioso arrivo nelle mani di Domenico Inzaghi che lo donerà alla municipalità di Budrio nel 1821. Né, a quel tempo, si aveva consapevolezza del suo autore. Il dipinto appare ridotto sui lati, ove le figure degli angeli risultano tagliate. Il nome di Vitale venne avanzato da Longhi e presentato nel corso che tenne all'ateneo di Bologna nell'anno accademico 1933 - 34. Venne considerata un'opera della maturità dell'artista, vicina ad un'altra incoronazione a Bruxelles.
Arcangeli, altro studioso bolognese, artefice di una attenta lettura della pittura padana del XIV secolo, conferma la datazione tarda pur mettendo in relazione il dipinto con la pittura di un altro interessante e misterioso maestro bolognese, allora conosciuto come Iacopino di Francesco, e reputato attivo negli anni 60 del secolo. Il supposto collegamento con Jacopino di Francesco, avanzato da Arcangeli, è da rimarcare anche perché oggi sappiamo che tale maestro, non più Jacopino, ma nominato Pseudo-Jacopino, era attivo nella prima stagione vitalesca, intorno agli anni 30 del secolo.
Sarà Gnudi nella sua monografia dedicata a Vitale da Bologna ad anticipare la datazione dell'opera al periodo "gotico", vicino agli affreschi di Mezzaratta e alle storie di Sant'Antonio Abate, mettendo in relazione il dipinto con gli affreschi eseguiti da Vitale in Santa Maria dei Servi che lui data negli anni 1348 - 50.
Più recentemente, in un volume curato assieme a Rosalba D'Amico e dedicato al Vitale presente nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, Massimo Medica, sviluppa le tesi di Arcangeli e il collegamento con l'opera di quello che oggi chiamiamo Pseudo Iacopino.  Collega l'opera alle "storie" di Sant'Antonio Abate in Pinacoteca, poste tra la fine degli anni 30 e l'inizio del '40 e le pone negli stessi anni.
Proprio nel saggio nel catalogo della mostra sulle Madonne di Vitale, ancora in corso presso il Museo civico medievale di Bologna, Daniele Benati torna su quest'opera e pur senza proporre una data precisa, la collega all'attività per san Francesco e alla Madonna del Cucito che è poi - e giustamente - la "Madonna del ricamo" individuata da Rosalba D'Amico.

Ho voluto riportare le principali ipotesi fatte sulla datazione dell'opera che hanno oscillato dalla tarda maturità agli anni giovanili del maestro bolognese. Tutte sono state motivate con le ragioni dello stile che, evidentemente, non sono valutazioni oggettive, ma ipotesi destinate a frequenti oscillazioni in relazione all'affinarsi della sensibilità e del gusto di chi osserva l'opera.

Da tempo mi chiedo se non sia opportuno cercare altre piste di indagine, magari legate alla cultura materiale, al modo di preparare il dipinto, all'uso dei punzoni sui fondi d'oro, al ripetersi di motivi decorativi che magari tendono ad evolversi nello spazio della vita artistica di un pittore. Sono così emerse alcune peculiarità che possono aiutare a inquadrare l'opera in un processo esecutivo che - se non indica un prima e un dopo in maniera perfetta - aiuta però anche a giustificare una valutazione stilistica.

Ho voluto riprendere il rapporto evidenziato da Arcangeli con la pittura dello Pseudo Jacopino provando a individuare degli elementi di tecnica pittorica, e non solo di stile, che avvicinano la nostra opera a quelle dell'anonimo maestro e - tra queste - ad alcune in particolare. Un'altra inedita pista di ricerca che presento per la prima volta, è il possibile riscontro con Giotto e con il Polittico della Pinacoteca di Bologna, cioè a dire con il Giotto Bolognese, quello che certamente vide e meditò il giovane Vitale.


il rapporto con lo Pseudo Jacopino


Attorno al nome dello Pseudo Jacopino sono state raccolte un gruppo di opere che, nell'ultimo decennio, sempre affinando le analisi formali, si è voluto scindere in diversi gruppi parcellizzando sempre di più - forse troppo -  questa personalità ancora anonima. Alcune di queste opere ripetono al loro interno alcuni punzoni e comunque sono opere che appartengono ad un momento in cui i fondi d'oro delle tavole bolognesi vengono decorati con poche "varianti". Questo momento dello Pseudo Jacopino  si caratterizza per un particolare punzone costituito da una stellina a cinque punte. Un punzone impresso in molte sue opere che qui confrontiamo con la Dormitio Virginis e l'Incoronazione della Vergine della Pinacoteca Nazionale. Le aureole degli Angeli e dei Santi sono adorne di questo un punzone che corre all'interno del bordo esterno delle aureole, delimitate da due curve tracciate con un compasso.
Osserviamo ancora la corona sul capo di Cristo, in entrambi i dipinti realizzata con una tinta bianca che non sarà più ripetuta dallo pseudo Jacopino che nel Polittico con l'Incoronazione della Vergine adornerà il capo del Cristo con una corona scura come farà più tardi lo stesso Vitale nel Polittico del 1353 in San Salvatore.
Il punzone che Vitale imprime sulle aureole dell'Incoronazione di Budrio è analogo, ma non uguale, a quello ritrovato nello Pseudo Jacopino. Come quello delimita la cornice esterna dell'aureola costituita da una fascia inscritta entro linee tracciate con il compasso. La "stellina" di Jacopino è diventata una piccola ruota con mozzo centrale e cinque raggi. Raggi più larghi di quelli della stellina, ma che appaiono come varianti su uno stesso tema, testimoni di una analoga storia del gusto che in questo momento punta su un unico motivo decorativo inscritto entro le curve tracciate dal compasso che hanno inciso la foglia d'oro del fondo.

Esternamente l'aureola è delimitata da un altro piccolo punzone ovale impresso sulla lamina. osserviamo le "sbavature" nell'imprimere il punzone sia quello esterno che l'altro inscritto entro le linee tracciate con il compasso. Se con un ideale compasso  tracciamo una linea al centro del primo "mozzo" osserveremo che il punzone oscilla casualmente a destra e a sinistra della linea immaginata. Analoga sbavatura è presente nello Pseudo Jacopino.

La stessa inesattezza è verificabile con il piccolo punzone esterno. Questa tipologia di punzone, unico e ripetuto tante volte, di piccole dimensioni e semplice nei motivi decorativi, contraddistingue altre opere bolognesi. Lo Pseudo Jacopino lo ripete almeno fino ai polittici della Pinacoteca ed è identico nella Dormitio Virginis sempre in Pinacoteca.    
Con quest'opera sono riscontrabili altre analogie e somiglianze formali che inducono a collocare le due opere nello stesso momento e documentano una vicinanza tra i due maestri. Se Vitale ricerca una dolcezza quasi romantica, nelle sue figure e lo Pseudo Iacopino sembra interprete di immagini aristocratiche, solenni e in certo qual mondo distanti, è poi vero che, scendendo nei particolari sono - credo - innegabili alcune somiglianze formali ad esempio nelle labbra tumide dei due Cristi risultando poi quello di Vitale giovanile rispetto al "Cristo-padre" che accoglie tra le sue braccia l'animula di Maria. Ancora interessanti appaiono i riscontri con il volto della Vergine che presenta tutte le caratteristiche fisionomiche delle Madonne di Vitale - labbra carnose e tono colloquiale - ma non ha ancora assunto quell'aspetto porcellanato dell'incarnato, il volto allungato e per conseguenza slanciato, qui attondato anche per effetto della "glimpa", analogo al volto della Vergine nell'Incoronazione di Jacopino.  La "glimpa" porta ad indagare ulteriormente le "fonti" di riferimento che finiscono per tangere con il polittico che Giotto esegue per Bologna, anch'esso custodito in Pinacoteca. Individuiamo così un'altra "fonte" con la quale sembra che Vitale si sia confrontato.

Allo Pseudo Jacopino rimanda infine il caratteristico rosa della tunica del Cristo che incorona la Vergine, della stessa fattura di quello indossato dall'angelo che regge il libro nella Dormitio della Pinacoteca.


 
 
 
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