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Le osservazioni derivanti dall'esame diretto del dipinto di Vitale furono confermate dall'analisi, effettuata a Firenze dai tecnici M. Matteini e A. Moles dell' Opificio delle Pietre dure, su campioni prelevati in diverse zone della superficie pittorica: le conclusioni dell'indagine richiamarono i risultati ottenuti dalle studiose di Baltimora sui dipinti di Pietro da Rimini, consentendo di riconoscere nella Madonna forti affinità esecutive con quei pannelli e confermando la presenza nell'originale di rifiniture a secco, a tempera e ad olio, già riconosciute tramite l'esame diretto nel corso dell'intervento.
Tra gli elementi identificati anche per via analitica nel dipinto di Vitale si rilevò, in particolare nei risvolti del manto della Vergine, caratterizzati da un verde profondo, la presenza di verderame trasparente: un materiale applicabile solo tramite leganti resinosi (fig. 37 -
Gli effetti di riflettenza e brillantezza che ancora caratterizzano alcuni particolari di questa Madonna derivano pertanto proprio dall'uso non isolato di materiali oleosi trasparenti, adoperati non solo come mordente per le foglie metalliche ma anche come parte integrante della pigmentazione di maggior efficacia coloristica.
L'esistenza di una stesura più complessa rispetto a quella comunemente riconosciuta nei dipinti 'a fresco' fu confermata successivamente anche dal confronto analitico con altra pittura murale di Vitale. Nelle Storie della Maddalena, Padri della Chiesa ed altre scene, affrescate dal maestro in Santa Maria dei Servi, e restaurate qualche anno dopo , si è visto che tempera e olio costruiscono una ricchezza decorativa forse ancora più compiuta. Quel ciclo era stato realizzato dal maestro bolognese nel periodo della sua piena maturità -
iconografia