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In effetti l'Annunciata operosa compare raramente nell'iconografia occidentale. E quando la troviamo nella versione originale, scopriamo che è per lo più proposta in figurazioni attribuibili a maestri di diretta provenienza o educazione orientale, e più raramente a traduttori di quei grandi modelli attivi in Italia.
Non è senza rilievo il fatto che una lettura più strettamente legata ai prototipi compaia in Toscana, a Siena, in una tavola di chiara matrice senese dal punto di vista dello stile, il Dossale di San Pietro ora nella Pinacoteca Nazionale della città, collegato ai primordi della grande scuola locale con attribuzione a Guido di Graziano . Nell'Annunciazione, raffigurata tra gli episodi che circondano la figura del Santo, è infatti riconoscibile una delle rare testimonianze italiane in cui l'Annunziata operosa fila nel momento in cui riceve l'annuncio (fig. 47): come a Sopocani la Vergine è raffigurata in piedi e tiene in una mano il fuso e nell'altra il filo per la tessitura. In questo caso esso è bianco e perfettamente riconoscibile.
Il passaggio dalla lettura orientale a quella occidentale del tema nell'ambito di uno stesso clima culturale è ben illustrato dalla sottile differenziazione che separa questa immagine da altre Annunziate senesi dello stesso momento, in cui il filo manca, e il gesto della Vergine trova spiegazione nel sottile turbamento che la fa arretrare di fronte al messaggio. Ne sono testimonianza almeno altre due raffigurazioni dello stesso episodio, molto vicine a questa: la prima è un pannello attribuito a Guido da Siena conservato a Princeton ; la seconda-
Proprio un atteggiamento di meraviglia caratterizza il dipinto murale della 'cripta' e le due simili tavolette: il ritrarsi fisico della Vergine vi è sottolineato dal gesto delle mani. Tale gesto, che nel Dossale era collegato all'atto del filare, trova così una giustificazione anche nell'affresco e nella tavola di Princeton, malgrado l'assenza del filo. Pochi anni dopo, ancora a Siena, nell' Annunziata dipinta da Duccio nel retro della grande Maestà per il Duomo la Madonna non fila, anche se la gestualità è simile: essa accoglie l'Angelo in piedi, e nella mano che nel Dossale di San Pietro tratteneva il fuso, compare un libro, al modo occidentale.
Della rara lettura che nell'opera di Guido di Graziano si impone per la sua eccezionalità, la versione affrescata sotto il Duomo, come quelle che derivano dallo stesso modello nella tavoletta di Guido da Siena o nello stesso Duccio, colse gli elementi figurativi, mutandone però il significato iconografico.
Che quei temi e modi fossero arrivati in città per via più o meno diretta dall'universo del cristianesimo orientale, non così lontano come a lungo si è voluto pensare, la volontà di confrontarsi con essi, di riprenderli, di tradurli e trasferirli nel proprio linguaggio figurativo è evidente. E la presenza proprio a Siena di una delle rare testimonianze italiane pervenuteci dell'Annunziata con il fuso, soggetto di pura marca bizantina, spinge a rileggere lungo un itinerario rinnovato le vicende della Madonna operosa nella cultura italiana tra Due e Trecento .
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