La "Madonna del Ricamo" di vitale: Storia di un "Filo" di Rosa D'Amico e Camillo Tarozzi - vitale

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La "Madonna del Ricamo" di vitale: Storia di un "Filo" di Rosa D'Amico e Camillo Tarozzi

Madonna del Ricamo > Storia di un "Filo"
 
 
 
 

Vicenda storica dell'affresco e suo inserimento nel percorso della pittura di Vitale da Bologna



La provenienza

Diverse furono al momento della riscoperta le ipotesi circa la provenienza dell'opera. Considerato che Annibale Beccadelli, fautore del restauro del 1760 nell'oratorio di Pradalbino, era membro della Confraternita di Santa Maria Maddalena, che aveva sede presso l'Ospedale- Orfanotrofio dello stesso nome, citato dalle fonti accanto alla chiesa di Santa Maria di via Mascarella, e tenendo presente che antichi dipinti devozionali -di cui uno riferito a Vitale- già esistenti in quell'edificio (1)
, erano stati 'buttati a terra' proprio in quel periodo, si suppose in un primo momento che lo spostamento dell'affresco fosse stato effettuato in conseguenza di quegli eventi, per 'salvare' un'antica testimonianza altrimenti condannata alla distruzione, e che la preziosa pittura appartenesse dunque originariamente al complesso della Mascarella (2). Ma poi fu messo a nostra disposizione un documento, rinvenuto dalla proprietà all'interno dello stesso oratorio, che ne ricorda l'estrazione 'a massello' dal pilastro absidale sinistro della Basilica di San Francesco, curata nel 1801 dai coniugi Giacomo Beccadelli e Violante Bovio. Erano quelli gli anni in cui la Repubblica Cisalpina, creata da Napoleone nel nord Italia, aveva soppresso gli ordini religiosi e chiuso gli edifici chiesastici destinandoli spesso ad altra funzione. Bologna, che fino a quel momento era stata la  seconda città dello Stato della Chiesa dopo Roma, e ne aveva costituito il confine settentrionale, era particolarmente ricca di chiese e conventi, e fu pertanto coinvolta in modo massiccio negli interventi di abolizione e riuso delle strutture di carattere ecclesiastico ordinati dalle nuove autorità. Gli ambienti del complesso francescano furono allora sconsacrati e adibiti  ad uffici di dogana, alcuni addirittura a deposito di sale: in conseguenza di tale destinazione i dipinti murali che si trovavano ancora sulle pareti, oltre ad aver perso il loro uso legato alla devozione ed al culto, rischiavano il definitivo degrado anche dal punto di vista strettamente materiale.
Vale la pena rileggere la 'memoria' Beccadelli, che ci testimonia anche l'importanza devozionale attribuita all'immagine presso la Basilica dell'Ordine negli ultimi decenni del '700: ANNO DOMINI 1801 PIO VII.Pont. Max. Questa Immagine di M. V. si crede dipinta da Lippo Dalmasio (  l'artista del '300 bolognese cui per convenzione si attribuivano molte delle opere 'antiche' di Bologna)  del 1400 circa nel Pilone sinistro, che sostenta la Cappella maggiore de' PP. Min. Conv. di S. Francesco in Bologna. Essa nel 1790 venne in maggiore venerazione, e si compiacque compartire in quei giorni moltissime grazie a suoi divoti. Nel 1801: sotto il Governo della Repubblica Cisalpina nel Mese di Gennaio fù soppressa, e chiusa detta Chiesa destinandola ad uso di Dogana, e Gabella. Giacomo Beccadelli, unitamente a sua moglie Violante Bovio per non lasciare detta Immagine priva di culto, e riconoscenti alle Grazie da Essa ricevute, specialmente per la ricuperata salute della loro Figlia Eleonora fecero istanza per acquistare d.a. S.a Immagine tagliand…dal d. Pilone, il che accordato gli fu…con somma fatica segato in parte, e in parte con scarpelli tagliato…to Pilone composto di sassi vivi, marmo e macigni a dì II marzo in giorno di Sabbato sul mezzogiorno fu trasportata in di lui Casa, e ne fece disegnare, ed incidere in rame, e alli 18 di d.o mese fu trasportata a Pradalbino in questa Cappella di sua ragione, e pubblica presso al Casino di sua Villeggiatura, alla pubblica venerazione di questo divoto Popolo. Poche ore prima di trasportarsi detta S. Immagine a Pradalbino fù presa un'altra loro figliola (Marianna) che era a balia in d.o paese da convulsioni, e forte attacco di vermi alla gola, e con ungerla appena con l'olio che ardeva avanti la S. Immagine fù sul momento guarita
. (3)
Il distacco dal pilastro, come testimonia il documento, era avvenuto previo taglio dalla 'pietra viva': fatto che ha consentito di superare la pur interessante ipotesi che il dipinto fosse identificabile con una Madonna staccata dalla chiesa dell'Annunziata e trasferita in antico in San Francesco, di cui fa cenno Malvasia (4)
. La presenza in basso di evidenti macchie di fumo grasso e di cera, dovuta certo al vicino bruciare di candele (5), conferma che l'opera era stata nel tempo oggetto di particolare culto, mentre le tracce ancora visibili sulla sua superficie indicano che si era trovata da sempre in una posizione protetta. L'esame effettuato a seguito del distacco sul retro dell'intonaco affrescato e sulla superficie del massello cui aderiva, visibile nella parete absidale dell'oratorio, valse poi a confermare le caratteristiche della struttura muraria su cui il dipinto insisteva in origine  e che, dopo il rinvenimento della 'memoria' Beccadelli, sappiamo far parte di uno dei piloni absidali di San Francesco.
Prima ancora di essere coperta dall'immagine della Madonna quella struttura, costruita con fasce alternate di lunghi mattoni e pietre bocciardate in pietra bianca vicentina, unite da   intersezioni tra i mattoni stuccate con precisione, rivelava di esser stata a vista.
Una ripulita, ottenuta con una grassa scialbatura, ancora in parte visibile sul verso dell'intonaco distaccato, deve aver interessato quella parte di muro, al momento di inserirvi il dipinto (6)
.


La storia

Tecnica pittorica

La tecnica
 
 
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