Reliquiario della mano di Santa Elisabetta d'Ungheria - San Giacomo Maggiore

Vai ai contenuti

Menu principale:

Reliquiario della mano di Santa Elisabetta d'Ungheria

Argenteria in San Giacomo > Reliquiari


Già più moderno il reliquiario di santa Elisabetta d'Ungheria. Roversi sottolinea la buona esecuzione dell'opera. Il nodo racchiude tre ovati con uno stemma gentilizio, sant'Agostino e San Giacomo. La copertura è retta da sei cariatidi che suddividono il vetro cilindrico - un vetro soffiato, probabilmente ancor quello originale - che custodisce la reliquia. Una nota dell'Oretti fa il nome per questo reliquiario di Francesco dal Scaldaletto che eseguì "un tabernacolo di rame dorato per la mano di S. Elisabetta" e l'altro per la mano di S. Cecilia.
I due reliquiari sono innovativi rispetto al reliquiario della croce. La teca si è aperta e da questo punto di vista potremmo forse considerare ulteriormente evolutivo il reliquiario di Santa Cecilia
la cui teca cilindrica è retta da due pilastrini laterali che lasciano così del tutto libera la luce.
Trattandosi di oggetti realizzati in rame dorato, mancano dei punzoni che è possibile ritrovare sulle argenterie. Il nome dell'argentiere ci è tramandato dall'Oretti che comunque si mostra ben informato attribuendo le due opere a Francesco da Scaldaletto. Un argentiere ricordato solo per questo dato documentario che Bulgari arricchisce anche della data: il 1590.
Una data del tutto in linea con lo schema architettonico, sia per il riscontro normativo nelle instructiones del Borromeo, sia per la familiarità dei motivi decorativi con quanto si realizza a Bologna in questo momento.

Con i reliquiari possiamo aprire un'altra pista di indagine: il rapporto con la comunità dei credenti. L'Eucaristia infatti è celebrazione liturgica specifica del clero. La devozione verso le reliquie possono invece essere anche spontanee, nascere cioè a dire dalla comunità o da un fedele che ha una particolare devozione vero lo specifico Santo. In effetti la reliquia di Santa Elisabetta d'Ungheria - e una reliquia importante quale la mano - sembra atipica nell'ambito della chiesa agostiniana. Ciò nonostante sulla vasca appaiono sbalzati i busti di sant'Agostino e san Giacomo a ribadire la pertinenza dell'opera con la chiesa. C'è poi uno stemma con le armi di due famiglie. La loro identificazione consentirà di approfondire una storia che, come vedremo, è storia di fede e d'amore.
Nello stemma il partito di destra è chiaramente lo stemma degli Orsini e il partito di sinistra appartiene invece ai Malvezzi, famiglia bolognese che abitava un palazzo nella vicina via san Sigismondo. Ora Piriteo Malvezzi il 18 novembre del 1584 sposa donna Beatrice Orsina. Dunque lo stemma sbalzato sul reliquiario ricorda queste due persone. Furono nozze sontuose e nella vicina via di san Sigismondo si ballò a lungo mentre gli uomini dei Malvezzi disciplinavano l'ingresso a Palazzo come ricorda un libro celebrativo edito subito dopo le nozze
.
Un antenato della sposa, Roberto Orsini, nel lontano 1333 accolse a Nola il giovane Andrea d'Ungheria designato a sposare Giovanna II d'Angiò (6)
. Possono questi rapporti aver compreso anche il possesso dell'ambita reliquia? Certo che sarebbe stato suggestivo per la giovane sposa che lasciava la famiglia, partire in compagnia della reliquia di una regina a cui affidare la propria vita.
Niente di meglio che porla sopra l'altare della sua nuova famiglia, magari in occasione se non delle nozze, della nascita del figlio Virgilio, nel 1595 (3)
.

 
 
 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu