Croce d'Altare con il suo corredo - San Giacomo Maggiore

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Croce d'Altare con il suo corredo

Argenteria in San Giacomo > Croci


La croce d'altare che presentiamo, in bronzo dorato, e i quattro candelieri che la fiancheggiano, vanno annoverati tra i capolavori di argenteria sacra italiana. Gli oggetti che abbiamo esaminato finora sono ragguardevoli per l'evoluzione stilistica e per i significati teologici che racchiudono. In qualche caso, come per il calice del Troni,  anche la rilevante qualità.

Croce e candelieri per l'altare di sant'Agostino presentano delle finezze esecutive di particolare pregio tanto da farne un indiscusso capolavoro, ancora poco apprezzato. La qualità dell'opera infatti, si rivela solo ad un esame minuzioso possibile se si ha la possibilità di osservare l'opera a lungo e da vicino. Ed è questa una costante dell'argenteria e anche il suo limite dal momento che queste opere, belle soprattutto nei minuti particolari, sono destinate ad essere guardate da lontano. Così che anche le foto pubblicate nel grande volume su San Giacomo, non rendono onore alla qualità della fusione dei singoli pezzi. Al massimo sarà possibile cogliere l'armonioso, solenne e solido imporsi delle basi dei candelieri
e della croce. Ci proponiamo pertanto di mostrare quegli elementi che rendono davvero interessante questo particolare lavoro di Sebastiano Torreggiani.

Lo straordinario arredo venne fatto costruire da Lodovico Bianchetti, maestro di Camera di Gregorio XIII per la cappella di sant'Agostino di suo giuspatronato. Al centro di ogni faccia lo stemma bianchetti
sormontato da un ricco cimiero e dalle cartelle con il nome del donatore e l'anno 1581. Le iscrizioni sono riportare in un dattiloscritto custodito nel convento di San Giacomo  e trascritte anche da Roversi nel saggio per il volume sul tempio di San Giacomo. Più dettagliate le informazioni di Marcello Oretti che, riportando quanto già altri storici avevano affermato, (Masini, p. 253; Zanotti pitture, sculture ecc.. p. 51; Astengo) sostiene che il gruppo fu eseguito a Roma dal bolognese Sebastiano Torreggiani nel 1581, come appare dalla data incisa sulla base.
Il Torreggiani rivestì le funzione di fonditore della camera apostolica durante i pontificati di Gregorio III e di Sisto V. E' ricordato allievo di Fra Guglielmo della Porta e di lui sono note, tra l'altro, le sculture in bronzo dorato di san Pietro (1588) e san Paolo (1589).

Eleganti piedi leonini
adorni di foglie protezionali sorreggono la base ravvivata da testine di angioletti con al centro di ogni faccia lo stemma Bianchetti. Nel nodo tre cherubini in corrispondenza dei lati del triangolo di base (candelieri) - quattro nel piedistallo che regge la croce - da cui si diparte un serto  floreale che riveste ognuno dei lati dell'ovale così suddiviso. La parte superiore dello stelo è decorata con foglie d'acanto molto pronunciate. La croce presenta apicalmente quattro formelle rettangolari con fuse le figure degli evangelisti, ripetute, analoghe sul verso.

Queste formelle sono le parti più interessanti e rivelano un'attenzione  dell'orafo verso la scultura e la pittura tardo manierista romana con delle soluzioni originalissime nella figura dell'angelo di Matteo che si materializza dal fondo.
La croce trova riscontro nell'altra eseguita per Gregorio XIII (tesoro san Pietro tav. 174) che è priva di altre indicazioni ed è riferita a Torreggiani su basi stilistiche. Il riscontro con la nostra croce conferma l'appartenenza al Torreggiani di entrambe le opere.

La qualità delle figure fuse sulle formelle viene ribadita dal volto di Cristo
che davvero vediamo per la prima volta. Un viso possente che presenta tutto il dramma di una morte consapevolmente vissuta, senza cedere alla facile commozione indotta da un'espressione ricercatamente sofferente.

Ed è questa forza che fa la differenza con l'altra bella Croce processionale


 
 
 
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