I calici di san Giacomo Maggiore, percorso iconografico - San Giacomo Maggiore

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I calici di san Giacomo Maggiore, percorso iconografico

Argenteria in San Giacomo > Calici


Le raccomandazioni del Borromeo che vuole che sui calici non appaiano altri segni se non quelli direttamente legati al mistero della passione, non sembrano molto recepite dalle nostre opere che non richiamano, nelle decorazioni, la liturgia eucaristica. Ed è una riprova, se ce ne fosse bisogno, che le norme conciliari e la successiva precettistica, sono solo orientamenti e non imposizioni. Lo stesso Borromeo, del resto, si muove con estrema cautela, suggerisce, dà delle disposizioni lasciando ampio margine alla sua Chiesa perché si adegui senza per questo rinnegare antiche consuetudini. Probabilmente consapevole che nessuna riforma può essere imposta se non è preceduta da una conversione dell'Uomo.

Così mentre si enunciano orientamenti iconografici, alla fine vincenti, sui sopravvissuti calici di San Giacomo, per tutto il XVII secolo, l'Eucaristia continua a celebrarsi in vasi rinnovati nella struttura architettonica, ma non ancora nell'iconografia. Sul piede, nodo e sottocoppa, tra i tralci floreali o geometrici, ritroviamo le effigi di Santi. E quasi sempre sono Santi agostiniani a testimoniare il particolare carisma di questa grande chiesa e l'attenzione che i frati prestano ai testimoni ai quali si sentono più vicini. Del resto quelle effigi di Santi che appaiono incise in piccoli ovali, sono messaggi in codice al massimo riservati al solo celebrante. Interessanti i Santi sui tre scudi incisi sulla lamina d'argento del sottocoppa del calice che abbiamo datato nel primo decennio del secolo XVII, che raffigurano tre Santi agostiniani: Agostino,
Nicola da Tolentino e Giacomo. Documentano che il calice è stato pensato fin dall'origine per la chiesa Agostiniana. I Santi oltre a caratterizzarsi per i segni iconografici loro propri, sono ulteriormente identificati dalle iniziali poste ai due lati esterni dello scudo che li racchiude. Un espediente che riemerge dal lontano medioevo, qui apparentemente inutile, eppure, se se ne sente la necessità, evidentemente era utile per una rapida identificazione. Le figure sono incise sulla lamina con un particolare ferro, detto bulino, che penetrando stracciava l'argento tracciando un solco che poteva poi essere riempito da particolari composti per accentuare ulteriormente il solco tracciato dal bulino.



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