Maestro dei Crocefissi Francescani - san_francesco

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Maestro dei Crocefissi Francescani

Basilica di san Francesco

Maestro dei Crocefissi Francescani

Croce sagomata con la Madonna tra Angeli, San Francesco e Sant'Elena. Datazione: 1255 - 60, circa
tavola cm cm.309 x 196;
Provenienza: Santa Maria del Soccorso detta del Borgo di San Pietro.
Prima ubicazione conosciuta: la "cappella del Crocefisso" nella chiesa di san Francesco a Bologna.

La ricordano tanto Masini (1650, 1666) che Malvasia (1678, 1686). Cappella di proprietà prima dei Lombardi e successivamente della famiglia Malvezzi. Durante l'occupazione di Napoleone e la soppressione degli ordini religiosi, il marchese Giacomo Malvezzi Campeggi fa valere i suoi diritti di proprietà sull'opera che è nella  sua cappella e ottiene di poterla trasferire in un'altra cappella di Famiglia in Santa Maria del Soccorso conosciuta a Bologna come chiesa di Santa Maria del Borgo san Pietro. Dopo la seconda guerra mondiale il dipinto viene trasferito nella Pinacoteca Nazionale. La chiesa di Santa Maria del Borgo san Pietro venne distrutta dai bombardamenti, ma il dipinto era stato messo in sicurezza in altro luogo. Nel dopoguerra  la chiesa è stata ricostruita.

La Sant'Elena  è un'aggiunta di Jacopo di Paolo (Bologna, attivo dal 1380 al 1426). In un certo momento della sua storia la croce evidentemente muta destinazione (forse è questo il momento in cui viene trasferita nella cappella del Crocefisso) e viene in qualche modo modernizzata con l'inserimento della figura della Santa, legata al ritrovamento del legno della vera croce. Una croce così rilevante, con l'immagine di san Francesco ai piedi del Crocefisso potrebbe far ipotizzare per la croce ad una collocazione di assoluto prestigio in Basilica, magari la trave che separava l'area destinata ai frati dalla comunità dei credenti.

Non conosciamo la suddivisione dello spazio dell’antica chiesa medievale, ma negli anni 90 del XIV secolo entra a far parte del patrimonio artistico della Basilica la grande pala marmorea dei Dalle Masegne, ancora oggi esistente. La pala potrebbe aver occupato lo spazio che separava i Frati dalla comunità, spazio che probabilmente era prima sormontato dalla nostra croce. Potrebbe essere stato questo il momento per il trasferimento della croce nella Cappella dove la vedono tanto Masini che Malvasia. Un trasferimento potrebbe aver comportato anche un ammodernamento di una croce comunque in grande venerazione da parte dei frati.


Il modello del Crocifisso
Il Cristo giganteggia più che patire, colto nel momento del trapasso, subito dopo aver gridato, quando il volto si spegne alla vita e il corpo resta ancora inarcato per l’ultimo sforzo compiuto nel trarre lo spirito, come sembra mostrare lo stesso petto espanso. E’ rappresentato dunque l’attimo del passaggio, concettualmente reso dal corpo ancora vibrante di vita nell’arco bizantino e dal capo già reclinato. Un concetto sottolineato da altri particolari: ad esempio la sua sospensione sulla croce. I chiodi sono solo suggeriti, ma è il sangue, il sangue di Cristo, ad essere evidenziato sulle mani, i piedi e il costato e a caratterizzare questo modello di Crocifisso. E ancora la preziosità del perizoma. Un perizoma dorato, segno di gloria, che contraddistingue una ristretta generazione di crocifissi al punto da dover pensare ad una particolare simbologia, presto dimenticata: un altro modo per parlare ancora di regalità di Cristo, di parusia sulla Croce. Un panno regale come quello che indossa l’Imperatore di Bisanzio dopo la triplice immersione nella piscina dell’acqua santa delle Blacherne, il santuario della Vergine “Platytera” dalle cui mani sgorgava l’acqua della piscina .
Un richiamo di particolare complessità che ho voluto richiamare soprattutto per introdurre un altro rilevantissimo simbolo posto all’apice del Crocifisso della Pinacoteca Nazionale di Bologna:
la Madonna orante fiancheggiata da due angeli.
La Vergine orante
Il “modello” mariano è riconducibile alla Vergine Platytera, “Madre di Dio del Segno” che, nell’originaria effigie è completata dal Figlio, raffigurato in un medaglione o “uovo cosmico”  su fondo oro, posto all’altezza del seno della Madre, ad indicare il mistero dell’Incarnazione del Verbo. La Vergine Platytera vuole essere anche immagine della Chiesa che accoglie in se il Verbo incarnato e lo rivela all’umanità . L’immagine di Maria sulla nostra croce, sostituisce il Logos racchiuso nell’uovo cosmico con il Cristo in Croce che, analogamente a quanto accade nella Vergine Blachernitissa apre le mani anch’esso, e diventa simbolo, non “il crocifisso”, ma corpo e il sangue di Cristo. Un concetto sottolineato dalla Vergine Platytera che lo annuncia fiancheggiata dagli arcangeli a simboleggiare anche la Chiesa che mostra e custodisce il Corpus Domini: Annuncio e custodia sul petto della Madre Chiesa.
Francesco ai piedi della Croce
Una complessità di simboli in cui si inserisce, con l’umiltà che gli è propria anche il poverello d’Assisi qui effigiato ai piedi della croce consentendoci di restringere lo sguardo sull’evoluzione del tema in casa francescana. Il Santo comincia la sua esperienza davanti ad una croce con il Cristo Giudice. I francescani la proseguono, subito dopo la sua morte, forse già da quei primi momenti, con il Santo ai piedi di una croce che mostra l’immagine del Corpo e del Sangue di Cristo.
 
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