La Croce dipinta nel XIII secolo


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il pensiero domenicano

Il XIII secolo

Recita la prima lettura del Notturno dell'Ufficio del "Corpus Domini" "…il suo corpo lo offrì sull'altare della Croce", la Croce nella poetica elaborazione, forse di Tommaso d'Aquino, diventa altare sul quale il Cristo pone il suo corpo. Lo stesso frate domenicano, nella questio 47 della Summa Teologica spiega la volontarietà della morte del Cristo e le sue modalità. Il Santo scrive negli stessi anni in cui viene istituita la festa del Corpus Domini. Anni in cui insegna all'Università di Parigi e il suo insegnamento è seguito e immediatamente discusso e diffuso. Viene sottolineata la particolare morte del Cristo e riprendendo sant'Agostino (De Trinitate libro IV) si sottolinea che Cristo non muore per una lenta agonia - come comunemente accadeva ai condannati al supplizio della croce - ma con vigore, "gridando a gran voce rese lo spirito". Dunque, conclude Tommaso, Cristo non fu ucciso dai carnefici, ma da se stesso. "Per mostrare che la passione inflitta con la violenza non era capace di strappargli la vita. Cristo conservò la natura corporale nel suo vigore, così da poter gridare a gran voce anche nel momento supremo". "Perciò come si deve alla volontà di Cristo che la sua vita corporale fu conservata nel pieno vigore fino alla fine, così, quando egli volle, subito cedette alla violenza inflitta. Si deve affermare che Cristo simultaneamente soffrì la morte per violenza e che tuttavia morì volontariamente: poiché contro il suo corpo fu usata violenza, e tuttavia questa non prevalse su di esso se non nella misura che egli volle".

Cristo, secondo san Tommaso, muore per libera scelta e lo fa nel pieno del suo vigore fisico gridando a gran voce nel momento supremo.
La Vavalà presentando questo nuovo modello di Cristo inarcato sulla croce, osserva con sottile scienza che non si tratta di una figura naturale, ma rappresenta un particolare momento della morte, una fase convulsiva in cui l'agonia è presente, e la stessa forma non è naturale, ma il procedimento di una stilizzazione assoluta applicata ad un concetto, privo di connotati realistici.

Mi chiedevo se questa nuova immagine dipinta non sia una traslitterazione del pensiero elaborato da Tommaso. Certo non come icona speculare, quasi illustrazione al testo, ma come procedimento parallelo che vede l'iconografo sulla stessa lunghezza d'onda del pensiero del grande domenicano e, più in generale, sulla riflessione sul Corpus Domini.

La croce divenuta altare eucaristico fa di tutto per somigliare ad un altare. Il tabellone laterale, fino a questo momento occupato dalle storie della passione, è ormai un paliotto ricco di preziosi decori. Trasposizione di cuoio inciso, pesanti broccati, forse - e perché no - decori metallici o in ceramica, e potremmo aprirebbe un altro interessante argomento sui contatti con il mondo islamico, da dove forse proviene più di un motivo geometrico sia sulla croce che negli elementi decorativi dei coevi cicli affrescati.

Il Cristo giganteggia più che patire, colto nel momento del trapasso, subito dopo aver gridato, quando il volto si spegne alla vita e il corpo resta ancora inarcato per l'ultimo sforzo compiuto nel trarre lo spirito, come sembra mostrare lo stesso petto espanso. E' rappresentato dunque l'attimo del passaggio, concettualmente reso dal corpo ancora vibrante di vita nell'arco bizantino e dal capo già reclinato. Un concetto più che un'imago pietatis che troveremo solo tra qualche decennio. Un concetto sottolineato da altri particolari: ad esempio la sua sospensione sulla croce. Abbiamo già osservato che i chiodi sono solo suggeriti, ma è il sangue, il sangue di Cristo, ad essere evidenziato sulle mani, i piedi e il costato e a caratterizzare questo modello di Crocifisso. E ancora la preziosità del perizoma. Un perizoma dorato, segno di gloria, che contraddistingue una ristretta generazione di crocifissi al punto da dover pensare ad una particolare simbologia, presto dimenticata: un altro modo per parlare ancora di regalità di Cristo, di parusia sulla Croce.


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