Tempio Malatestiano, Cattedrale di Rimini - itinerari_bo_rm

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Tempio Malatestiano, Cattedrale di Rimini

Diocesi di Rimini
Giotto.
(Colle di Vespignano ca 1267 – Firenze 1337)
Crocifisso. Ca 1300
Tavola cm. 430 x 303
Tempio Malatestiano, Cattedrale di Rimini

La croce di Giotto a Rimini è la sopravvissuta testimonianza di un ciclo decorativo eseguito per la chiesa francescana di Rimini, ricordato già intorno al 1313. Ed è questa fonte che aiuta a porre la superstite croce all’interno della perduta chiesa francescana, molto diversa dallo straordinario Tempio in cui è conservata, voluto da Sigismondo Malatesta. Nel nuovo spazio architettonico progettato da Leon Battista Alberti e mai completato, la Croce di Giotto, sopravvissuto frammento del tempio gotico, è posta oggi nell’abside della chiesa rinascimentale. È la prima croce davvero moderna del pittore fiorentino. Realizzata a cavaliere tra XIII e XIV secolo, supera il vibrante archetipo di santa Maria Novella, dello stesso Giotto, risolvendo quella tensione in un ricercato equilibrio del corpo del Cristo tornito da un sottile chiaroscuro.
La croce supera improvvisamente la sperimentazione di un secolo, il XIII, che in ultimo e contemporaneamente a Giotto, aveva visto le grandi croci dipinte e ad affresco di Cimabue. La curva che ha disegnato irrealmente quei corpi, si trasforma con Giotto in fisicità concreta, subito imitato nella stessa Rimini, mai inteso nella sua essenza. L’opera è destinata ad incidere profondamente in un ambiente, quello riminese, figurativamente recettivo. Lo documentano i sopravvissuti crocifissi custoditi nelle chiese della Diocesi.


Due croci di Giotto a confronto: Santa Maria Novella a Firenze  e Rimini
in S. Maria Novella
La rivoluzione figurativa che aveva visto protagonisti indiscussi Giunta Pisano e Cimabue, e che in Pinacoteca è documentata dalle opere del “Maestro dei Crocefissi francescani” è cancellata quasi improvvisamente quando a Firenze, nella chiesa di Santa Maria Novella, ancora nell’ultimo decennio del XIII secolo, Giotto pone sulla croce un uomo vero.
Lasciamo la parola all’insuperata analisi di Roberto Salvini: “Egli traduce in peso corporeo e in trazione verso il basso quella stessa carica dinamica che moveva il Cristo di Cimabue in una curva iperbolica. Nella figura di Giotto, si concentra e si chiude dentro la tormentata immagine quel tragico grido che dal Cristo di Cimabue pare invece propagarsi all’universo” (Roberto Salvini, Giotto a Rimini, p. 97 in: Giotto e il suo tempo. Atti del Congresso Internazionale per la celebrazione del VII centenario della nascita di Giotto. 24 settembre – 1 ottobre 1967. De Luca Editore 197). “In nessun’altra opera di Giotto” – rincalza cesare Gnudi – “ traspare questa misura superumana, questo senso di massa enorme, incombente, e l’eco della cupa tragedia di Cimabue, che sembra giungere, ancora chiaramente identificabile, da un mondo ormai lontano”

 
Al Tempio Malatestiano di Rimini
Lo straordinario archetipo di santa Maria Novella trova compimento nella croce che Giotto dipinge a Rimini assieme ad un ciclo di affreschi documentato da fonti del tutto coeve. La tensione plastica evidenziata nell’opera di s. Maria Novella è risolta a Rimini in un ricercato equilibrio del corpo del Cristo tornito da un sottile chiaroscuro. Un’opera che diventa l’archetipo per i successivi traguardi che il maestro perseguirà nella cappella dell’Arena e che incide profondamente in un ambiente, quello riminese, figurativamente recettivo come mostrano i sopravvissuti crocifissi custoditi nelle chiese della Diocesi, a cominciare probabilmente dal più “antico” tra questi: il crocifisso di Giovanni da Rimini oggi nel Museo della città, dipinto intorno al 1305.
Anche per questa croce lasciamo volentieri la parola a Roberto Salvini che, nello stesso saggio, così continua presentando la Croce di Rimini: “In questa soltanto è ormai spenta ogni eco del precedente di Cimabue; qui la tensione espressionistica – non quella espressiva che è altissima! – si è allentata, qui non v’è più alcun rapporto – dialettico e magari polemico, come a S. Maria Novella - con Cimabue. Qui ormai l’aspro incastro di masse si è risolto in una modulazione equilibratissima e resa più dolce dalla delicatezza del chiaroscuro, dall’assottigliarsi del modulo plastico: ogni groppo, ogni nodo si è sciolto in una fluida, se pure sapientemente articolata, continuità. Si osservi, per scendere a particolari di carattere anche, ma non esclusivamente illustrativo, come ginocchia e gambe siamo ormai distaccate, e come i piedi adesso appena si sfiorino, mentre erano decisamente sovrammessi nella croce fiorentina”

Per guardare la Croce di Rimini
Una delle esperienze innovative che possiamo fare grazie a internet è quella di “guardare” da vicino opere che solitamente, poste a notevole distanza dal visitatore, non consentono una visione ravvicinata. Ci proviamo con questa galleria di immagini che prima mostra la Cattedrale di Rimini ove è custoditala Croce di Giotto e dopo dei particolari progressivamente ravvicinati dell’opera. È possibile anche – ma non sul telefonino, perché non supporta ancora la tecnologia – avvicinarsi fino ad ammirare il dipinto a grandezza quasi naturale. Con un normale collegamento ad internet l’immagine si carica facilmente e consente questo speciale approfondimento reso possibile dalle splendide immagini del Crocifisso di Giotto scattate dal fotografo Danilo Conti in occasione della mostra curata dalla Diocesi di Rimini nel 2008 “il volto di Cristo nei crocifissi riminesi del trecento” e messe a disposizione dalla Diocesi di Rimini per questo approfondimento.
 
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